A BERGAMO SI STUDIA IL RENE BIO ARTIFICIALE

 

Aggiornamento 20 ottobre 2012: primi importanti risultati degli studi pubblicati sul  Journal of the American Society of Nephrology

Da cellule embrionali di topo i ricercatori hanno ricavato strutture che svolgono le funzioni deputate alla filtrazione

Gli scienziati del Centro Anna Maria Astori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Bergamo guidati da Giuseppe Remuzzi, sono riusciti ad ottenere organi funzionanti a partire da cellule renali coltivate in laboratorio. La ricerca che ha permesso di ottenere questi reni artificiali è stata pubblicata sul

Journal of the American Society of Nephrology.

Già in passato dei ricercatori erano riusciti a produrre reni immaturi a partire da cellule embrionali, ma i piccoli organi così ottenuti non sono riusciti a maturare sviluppando i nefroni, le strutture alla base del funzionamento del rene. In questo caso, invece, non è stato necessario utilizzare cellule embrionali e gli “organoidi” ottenuti a partire dalle cellule di rene, una volta trapiantati nei topi, si sono sviluppati formando i nefroni e rimanendo vitali e funzionanti per 3-4 settimane. Non è ancora un "rene in provetta", ma è uno dei passi più difficili per arrivarci. «Fino a oggi - spiega Christodoulos Xinaris, che ha coordinato la ricerca -, partendo da sospensioni di singole cellule embrionali, si erano prodotti tessuti che però non erano in grado di maturare ulteriormente verso un tessuto funzionante, perché senza il supporto dei vasi sanguigni non si riescono a formare le complesse strutture fondamentali del rene, i nefroni, dove si svolgono i processi di filtrazione, riassorbimento e secrezione che caratterizzano questo organo». «Noi siamo stati i primi a riuscirci, ma non certo i primi a provarci - aggiunge Giuseppe Remuzzi, direttore delle ricerche dell'Istituto -, ma abbiamo avuto il merito di intuire che la crescita del tessuto può avvenire in provetta solo fino a un certo punto, dopo di che deve proseguire in un ospite vivente (in questo caso un ratto). Dai nefroni al rene trapiantabile nell'uomo ci vorrà tempo, ma questo era il passo più difficile». I nefroni creati in laboratorio, impiantati sotto la capsula renale, hanno dimostrato di saper svolgere certe funzioni fisiologiche deputate alla filtrazione, inclusa la capacità di produrre ormoni come l'eritropoietina. «Il prossimo passo, a cui già stiamo lavorando, sono i cosiddetti tessuti chimerici - spiega Xinaris -: utilizzando le cellule embrionali possiamo insegnare a quelle del midollo osseo prelevate da un paziente a trasformarsi in nefroni. Una volta ottenuto il tessuto che ci serve possiamo togliere la parte animale ottenendo un organo funzionante trapiantabile nel paziente«. Questa è solo una delle applicazioni, sottolinea Remuzzi: «Un'altra possibilità è mimare mediante manipolazione genetica malattie renali umane per studiarne i complessi meccanismi e valutare in via preliminare l'attività dei farmaci, riducendo in questo modo la sperimentazione sugli animali». Una volta messa a punto per il rene, sottolineano gli esperti, il metodo potrà essere allargato ad altri organi, come già sta avvenendo in Usa per il pancreas.

 

Christos Xinaris, 35 anni, originario di Cipro, da 3 anni al Centro Anna Maria Astori del Mario Negri di Bergamo nel Dipartimento di Medicina Molecolare diretto da Ariela Benigni. Laureato in Biologia alla Università Nazionale Kapodistrian di Atene, ha conseguito un dottorato di ricerca in Biologia molecolare presso la facoltà di Medicina. Sempre ad Atene, nell'anno di post dottorato, ha studiato il contributo dei recettori degli ormoni tiroidei nella progressione delle malattie cardiovascolari.

 

Un rene artificiale da costruire in laboratorio per eliminare la dialisi. A questo traguardo sta lavorando l'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Bergamo, che per vincere una sfida importante per il futuro dei trapianti ha ottenuto un maxi-finanziamento dall'Unione europea; 2 milioni di euro da spalmare in 3 anni, nell'ambito del programma Ideas Advanced Investigator Grants dell'European Research Council (Erc). Il progetto, denominato Reset, è stato sviluppato dal nefrologo Giuseppe Remuzzi coordinatore delle ricerche del Mario Negri di Bergamo e dai suoi collaboratori del centro Anna Maria Astori del Mario Negri ed è basato sull'intuizione che attraverso tecnologie di ingegneria tissutale, sarà possibile generare un rene completo in tutte le sue funzioni. Il punto di partenza è il rene malato che, spogliato dalle cellule malfunzionanti, mantiene intatta la sua struttura tridimensionale. L'organo 'decellularizzato' viene poi ricostruito utilizzando le 'staminali riprogrammate', cellule adulte che vengono riportate allo stato pluripotente attraverso manipolazione del loro Dna. Le cellule pluripotenti, sviluppandosi sull'organo, daranno vita al nuovo rene.

 

Oggi il trapianto di rene e la dialisi, nei Paesi ricchi, ridanno la vita ai pazienti con malattie renali, che infatti non muoiono più per insufficienza renale; ma in futuro anche dialisi e trapianto lasceranno il posto a qualcosa di ancora più entusiasmante, la rigenerazione dei reni: verranno messe a punto tecniche di rigenerazione con cellule staminali, sia iniettate nel tessuto renale del malato, sia staminali del midollo osseo del paziente indotte (con farmaci) a migrare nel rene per favorirne la rigenerazione spontanea.

Ariela Benigni

E' la prospettiva tratteggiata sulla rivista Lancet nel numero dell’aprile 2010 in una recensione firmata da Giuseppe Remuzzi, Ariela Benigni e Marina Morigi dell'istituto Mario Negri di Bergamo che fa il punto sugli ultimi risultati della ricerca.

C'e' inoltre la possibilità di trovare, nascoste nei reni, cellule staminali adulte specifiche del tessuto renale, con proprietà autorigeneranti che, opportunamente stimolate, possano a loro volta contribuire alla rigenerazione dell'organo.

Sempre su Lancet,  che dedica uno speciale alle malattie renali, Marcello Tonelli dell'Università di Alberta in Canada sottolinea che mentre nei Paesi in via di sviluppo, dove trapianto e dialisi sono ancora un sogno, si muore ancora di insufficienza renale, questo scenario è praticamente cancellato in Occidente, dove chi ha un problema renale cronico anche grave trova nuova vita in dialisi e trapianto e di fatto sono i problemi cardiovascolari e non i reni a metterne a rischio la vita.

Marcello Tonelli

Molti animali, soprattutto anfibi e pesci, hanno un'enorme capacità rigenerativa spontanea dei tessuti, reni compresi, in risposta a un danno acuto. Nei mammiferi questa capacità è ridotta, ma non assente, ed un'ampia documentazione scientifica, scrivono Remuzzi e colleghi su Lancet, dimostra che ci sono molte vie per amplificare le capacità rigenerative dei reni; per esempio attraverso le cellule staminali adulte dell'organo.

La ricerca di queste staminali sta andando avanti: in numerosi lavori sono state individuate nel rene adulto umano 'nicchie' che custodiscono cellule con potenziale rigenerativo.

Alcune di queste staminali isolate da tessuto renale umano sano sono state già testate con successo su topolini dimostrando di poter indurre miglioramenti dei danni renali.

E non è l'unica possibilità: 'cellule staminali adulte del midollo osseo - scrivono gli autori del lavoro - potrebbero contribuire al ricambio e alla rigenerazione di svariati compartimenti del rene. Queste staminali, infatti, pur essendo le progenitrici delle cellule del sangue, si differenziano anche in molte altre linee cellulari. Ed è noto da svariati studi che le staminali del midollo migrano nel rene e partecipano al naturale ricambio dell'epitelio tubolare e alla riparazione del rene dopo danno acuto'.

Il problema è di spingere la rigenerazione quando il danno è cronico e progressivo: in questo caso si è visto che farmaci contro l'ipertensione, presi a lungo termine, possono favorire un naturale, sia pur parziale, processo rigenerativo.

'Studi clinici miglioreranno la nostra comprensione dei geni che governano progressione e regressione della malattia renale cronica - concludono - e i geni associati a prognosi positiva.

Inoltre il miglioramento delle conoscenze sui farmaci già in uso che mostrino capacità protettiva nei confronti dei reni potrebbe tracciare la strada verso nuovi percorsi terapeutici.

Insieme questi progressi in genetica e nelle conoscenze sui meccanismi di protezione renale contribuiranno a progettare molecole che abbiano come bersaglio geni rilevanti per la rigenerazione, che diverrà l'obiettivo finale sostituendo dialisi e trapianto'.

http://salute.aduc.it/staminali/notizia/staminali+reni+punto+della+ricerca_117163.php 1 / 1

 

 

Il Prof. Giuseppe Remuzzi è nato a Bergamo il 3 aprile 1949, Professore in Nefrologia e Direttore del Dipartimento di Medicina Specialistica e dei Trapianti degli Ospedali Riuniti di Bergamo e della Divisione di Nefrologia e Dialisi dello stesso ospedale. E’ anche Direttore dei Laboratori Negri Bergamo dell’Istituto Mario Negri.

La sua attività scientifica riguarda soprattutto le ricerche sulle cause delle glomerulonefriti, i meccanismi di progressione delle malattie renali e gli studi nel campo del rigetto del trapianto.

Il Prof. Remuzzi è l’unico italiano ad essere membro del Comitato di Redazione delle riviste “The Lancet” e “ New England Journal of Medicine”. Recentemente (2011) ha ricevuto, durante il Congresso Mondiale di Nefrologia che si è tenuto Vancouver (Canada), il prestigioso ISN Amgen International Prize for Therapeutic Advancement in Nephrology. È autore di circa 770 pubblicazioni in riviste internazionali.

 

 

Il Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) è stato creato nel 2007 dall'Unione europea e fa parte del VII programma quadro UE per la ricerca scientifica (2007-2013). E' la prima organizzazione europea che sostiene progetti di ricerca fondamentale sulla base dell'eccellenza scientifica del ricercatore/della ricercatrice, nonché della forza innovativa della sua idea, a prescindere dalla nazionalità, dall'età o dalla disciplina scientifica.

Ogni anno, il Consiglio Europeo della Ricerca eroga consistenti borse di ricerca a giovani ricercatori nella fase iniziale della loro carriera ("ERC starting grants") o a scienziati già affermati e riconosciuti nel loro settore ("ERC advanced grants"), per un totale di oltre un miliardo di euro all'anno.

Per ottenere un borsa del Consiglio Europeo della Ricerca, i ricercatori devono partecipare ai bandi pubblicati sul sito e devono svolgere il loro progetto di ricerca in un'università o centro di ricerca pubblico o privato, in uno dei 27 paesi dell'UE oppure in uno dei 10 paesi associati al programma quadro europeo della ricerca.

 

  

L'Istituto Mario Negri è presente a Bergamo dal 1984 ed è nato da una collaborazione tra i ricercatori del Negri di Milano e i clinici degli Ospedali Riuniti sotto la guida di Giuseppe Remuzzi , con l’obiettivo di coniugare ricerca sperimentale e clinica. La sua prima sede è stata un edificio del ‘700, il “Conventino” restaurato grazie al contributo di numerose banche, enti privati e cittadini bergamaschi.

 

 

Il centro Anna Maria Astori del Mario Negri svolge la propria attività di ricerca nel campo delle malattie renali, del diabete, dell’immunologia dei trapianti d’organo, della farmacologia clinica, della medicina molecolare e rigenerativa, della bioingegneria e di alcuni aspetti delle malattie tumorali.

Il Centro è stato intitolato ad Anna Maria Astori, la benefattrice che ha generosamente contribuito alla sua realizzazione.

Il Centro Anna Maria Astori, dal luglio 2010, ha sede nel Parco Scientifico e Tecnologico Kilometro Rosso in un contesto creato per valorizzare innovazione e multisettorialità. I suoi laboratori sono dotati di strutture e apparecchiature all'avanguardia, che consentono ai ricercatori del Negri di confrontarsi e competere in condizioni di parità con l'ambiente scientifico internazionale. Attualmente occupa circa 100 persone.

 

 


chiudi finestra